Tanti anni fa, in una notte di luna calante, spinto dalla bora, un Angelo, volando sulle campagne di Gorizia, lasciò cadere un pugno di semi… Grande fu la meraviglia allorquando, dopo qualche tempo, tra il frumento, fecero capolino tante piccole rose, di colore diverso e fino ad allora sconosciute.Potrebbe cominciare così o in qualunque altro modo, la storia delRadicchio di Gorizia. Cicoria intybus, sottospecie sativa, è il nome scientifico di un vegetale, assai particolare, di cui andiamo a scoprire, in parte, la storia…Risale alla fine del 1800 la coltivazione di questa particolare cicoria nelle campagne di Gorizia, fin verso Sant’Andrea, a nord. Due sono le qualità del Radicchio di Gorizia: ilCanarino (dal colore e gusto più delicati) e la Rosa decisamente più intenso sotto tutti gli aspetti. I semi, nonostante vari tentativi di clonazione, sono un patrimonio custodito gelosamente. Si trasmettono da padre a figlio, ogni famiglia ha il “suo” radicchio, plasmato nel tempo, portato ad avere determinate forme – a cuore o più allungato – colori e gusti che sono praticamente un marchio d’origine! Un occhio esperto può risalire al nome del produttore, dall’aspetto del “fiore”. Non è mai stata effettuata una selezione, ma solo una miscellanea di semi per ottenere il risultato migliore. Il sistema di coltivazione è strettamente collegato alle fasi lunari e alle condizioni climatiche. I semi s’interrano, meglio se in un terreno ghiaioso “che gli da il gusto giusto” quando la luna è calante, la protezione naturale sarà data dall’avena (coltura consociata). L’avena si falcia a maggio e il radicchio segue il suo naturale ciclo di crescita, senza diserbanti né trattamenti.
In estate si effettuano un paio di “erpicature” (frantumazione delle zolle) e si lascia che il radicchio continui a svilupparsi fino ai primi freddi. In autunno inoltrato, verso ottobre, le foglie sono cresciute, hanno un colore diverso a seconda che si tratti del Canarino (verde pastello con le coste rosse) o della Rosa (verde più intenso, maculato di rosso). La parte più buona è il cuore formato da foglie che aspettano i primi freddi per diventare croccanti e gustose. Solo dopo almeno due brinature inizia la raccolta, cadenzata dalle condizioni atmosferiche, dalla giusta temperatura… Dopo le prime gelate, il ciclo di crescita si avvia a maturazione. Il Radicchio è raccolto in mazzi messi al riparo, in un ambiente che deve mantenere temperatura (10°/15°C) e umidità costanti. Come un neonato, protetto e curato. Fino ai primi anni del ‘900, il radicchio si seminava tra il frumento; quando cominciava a spuntare tra le erbacce si raccoglieva a mano e si sistemava nella stalla, tra la paglia e un po’ di sterco che rilasciava tutte le sostanze utili per un ottima crescita…Oggi il radicchio è riposto , come in un nido, tra la paglia, al caldo e al buio, con un’irrigazione mirata, fino a che i “fiori” non raggiungono il massimo splendore. Nel frattempo, occhi e mani protettive controllano. Raggiunta la maturazione, il radicchio viene sfrondato fino a lasciare libero il cuore che, a sua volta, viene staccato dal gambo il quale darà vita ad altri “fiori”… e il ciclo continua! Il radicchio di Gorizia,inserito tra i prodotti tradizionale regionali, ha una limitata produzione legata praticamente ad una gestione familiare della coltura. Il periodo di raccolta si conclude, nelle migliori stagioni, a marzo. La vendita diretta si rivolge al mercato ed alla ristorazione locali.
Il Radicchio, quello originale, è dolce e croccante e nonostante le varie interpretazioni di grandi chef, si gusta al meglio al naturale, condito con olio evo, con uova sode o con fagioli borlotti.
Tratto da un articolo di Giuditta Lagonigro pubblicato su www.ilgiornaledelcibo.it
17 gennaio 2016