Il vino, si sa, è il prodotto finale di un processo molto complesso che ha inizio dal terreno che alimenta una pianta che fiorisce,dà frutti, nel caso della vite, infruttescenza (grappoli) da cui si produce il mosto che, semplificando molto, si trasforma in vino…
L’Italia è uno dei Paesi più ricchi di vigneti, soprattutto nella parte meridionale che tanto ha contribuito al miglioramento di vini blasonati, con le sue uve da taglio. Uve abbondanti perché non era ancora diffusa e accettata l’idea di un sistema di potatura che desse meno resa alle piante a favore della qualità dell’uva stessa.
A parte questo spunto di riflessione personale è importante ricordare che dal tipo di potatura, dal numero di piante per ettaro, quindi di grappoli per ceppo, dipende la qualità del prodotto finale: uva di qualità=vino di qualità. Quello della potatura è un intervento delicato che può condizionare lo sviluppo della pianta in senso positivo o negativo. Per quanto sviluppata sia la meccanizzazione viticola (macchine che impiantano viti, vendemmiatrici, potatrici, e via dicendo), la mano dell’uomo produce risultati molto migliori. Benvenuti siano, allora, quanti, riescono a conciliare le moderne tecniche con metodi tradizionali in una sorta di collaborazione con la Natura, madre benevola con i figli affettuosi, matrigna vendicativa nel caso contrario.
Udine, 7 maggio Premio Greenfactor 2012 for green economy
Roma, 28 maggio Oscar del Vino 2012 nella sezione Miglior Agronomo Viticolore,
due date che per Simonit & Sirch hanno posto un altro punto fermo alla loro attività-missione di Preparatori d’Uva. Il tam tam si è diffuso su tutte le reti con flash d’agenzia e immagini, complimenti e felicitazioni, poi il silenzio, com’è prassi nel mondo di internet. A questo punto io ne ho voluto sapere di più per condividere con i lettori nuove informazioni e capire cosa fa un Preparatore d’Uva.Il passo è stato breve e con estrema facilità sono riuscita ad avere una lunga conversazione con Marco Simonit, persona disponibile e generosa. A mio parere, per comprendere il percorso di ogni essere umano, è fondamentale, senza invadere la vita privata, partire dall’adolescenza, dalle prime passioni dalle prime esperienze.
Dove nasce Marco Simonit, come si è avvicinato alla campagna, ha avuto una guida?
Gorizia dà i natali, nel 1966 a Marco Simonit che trascorre la maggior parte del suo tempo con i nonni, in campagna, nella piccola azienda di tipo misto. Qui Marco” fa amicizia” con le vacche, i cavalli e comincia a osservare la natura disegnando animali e piante per i quali nutre un vero amore. Per questioni familiari Marco si trasferisce prima a Manzano poi a Cividale, laddove, frequentando la locale scuola media Paolo Diacono, incontra Pierpaolo Sirch, nel frattempo continua a trascorrere i momenti liberi dai nonni, approfondendo le sue conoscenze naturalistiche. Con Pierpaolo Sirch frequenta l’istituto Agrario, sempre a Cividale condividendo la passione per il mondo agricolo e i cavalli. Arriva il tempo dell’Università, prima a Parma, facoltà di Veterinaria, poi un cambio, facoltà di Agraria a Udine con vicende personali che ne segnano il percorso.Marco Simonit nel 1988 comincia a lavorare per il Consorzio di Tutela Vini del Collio, a Cormons, con l’incarico di dare assistenza ai soci, per l’aspetto viticolo. E’ proprio durante quest’ attività che cresce il suo interesse verso la vite , studiata e rappresentata con disegni, in tutte le varie fasi. Che succede ad una vite ferita durante la potatura? In che modo i tagli intaccano la fisiologia della pianta? Se non fosse “domesticata” (neologismo coniato da Simonit), la vite crescerebbe come una liana. -In Campania era molto diffusa la “vite maritata”, che cresceva appoggiandosi a un albero. Oggi vi sono ancora viti di Asprinio che s’inerpicano su alberi di pioppo(ndr)-.Queste riflessioni danno l’avvio a uno studio particolareggiato del tronco, sezionato e osservato con occhio clinico.
Marco si convince che il vignaiolo, con il sistema di potatura adottato amputa i tralci con interventi innaturali e decide di confrontare le sue intuizioni con altri vignaioli in Italia e nel mondo. Francia, Grecia, Spagna, Tunisia sono i Paesi che visita per conoscere i modi di coltivare propri del territorio, legati alla varietà del vitigno, quindi alla sua storia.
“In Italia la meccanizzazione e un nuova idea di “fare” il vino sono state alcune delle concause che hanno trasformato in peggio la viticoltura, sottoponendo le stesse viti ad uno stress da “ammodernamento”. Alberello, capovolto, pergola e via dicendo, sono i sistemi di allevamento da cui partire per studiare i sistemi di potatura sugli impianti moderni, adattandolo alle esigenze dei giorni nostri, con interventi non invasivi”.
Nel frattempo ci siamo persi Pierpaolo Sirch…In effetti durante il periodo raccontato Sirch era a casa, lavorava per conto suo, subentrerà quando Marco Simonit intensifica ricerca e lavoro in vigna.
Marco ,oltre ad assistere i soci del Consorzio Collio, chiede di effettuare consulenze anche in altre zone della regione, ma nel 1998 decide di lasciare il suo lavoro a Cormons per diventare un libero professionista e continuare le sue ricerche e sperimentazioni. Fondamentale le collaborazioni con le Università di Milano e Firenze attraverso le quali le osservazioni pratiche potevano avere un supporto scientifico, quindi inconfutabile.Intanto il Prof. Scienza, dell’Università di Udine appassionatosi al sistema Simonit, sensibilizza alcuni grandi produttori (Gaia, Bellavista., Ferrari…). per cui l’esperienza viene travasata nelle grandi aziende ma non solo, nuovi operatori formati da Simonit vengono inviati in altre regioni per trasferire il bagaglio di conoscenze acquisite agli operatori delle vigne.
Il fine ultimo delle attività è stato subito chiaro: la conservazione e tutela del patrimonio viticolo italiano. Perché ciò sia possibile, bisogna formare gli operatori in vigna e tutto il personale che lavora in campagna. Bisogna evitare l’invecchiamento della nuova viticoltura (che ormai ha trent’anni), indietro rispetto al lavoro che si fa in cantina, fino all’ultima fase dell’imbottigliamento e imballaggio.
Il gruppo di lavoro di Marco Simonit è formato da quattordici operatori, fissi, più altri stagionali, quattro ragazzi sudtirolesi lavorano per il mercato austriaco da cui provengono molte richieste.
La soddisfazione più grande è data da collaborazioni importanti con Enti, Istituzioni, Scuole Università, di tutta Europa, al momento, che seguono scientificamente il percorso dei preparatori d’uva, accrediti e convenzioni che danno maggiore autorevolezza al loro lavoro.
Cerchiamo di capire in cosa consiste il sistema di potatura di cui discorriamo e chiediamo a Marco Simonit di spiegarcelo con semplicità.
“La potatura che eseguiamo, ci racconta, consiste nell’assecondare la vite all’interno della forma stabilita dal viticoltore, bisogna avere la capacità di creare una struttura ramificata che si evolva nel tempo, nell’intento di conservare i flussi linfatici che garantiscano il buon passaggio dei nutrienti dalle foglie alle radici e viceversa. Pensiamo al ramo della vite come a un tubo, ogni taglio provoca delle necrosi che chiudono la porzione di “tubo” costringendo la vite a cambiare continuamente il percorso idraulico. Ciò comporta una serie di conseguenze tra cui l’alta probabilità di malattie come i funghi del legno che ne provocherebbero la morte. La nostra tecnica dà continuità ai vasi linfatici separando le zone secche dalle zone dove l’acqua può scorrere sempre, senza interruzioni. L’operazione si compie preferibilmente su rami giovani che si cicatrizzano più facilmente garantendo una separazione tra la parte tagliata e quella che rimane verde. Questa tecnica si usava in passato, conosciuta in regioni della Francia a vocazione vitivinicola già nel 1800, anche se purtroppo, si è persa la manodopera qualificata. Bisognerebbe compiere un’operazione di recupero.”
A questo, dunque può contribuire la vostra scuola?
“La nostra scuola, prima Scuola Italiana di Potatura, è nata per cercare di sopperire alla mancanza di elementi formativi nelle scuole esistenti. C’è stato un interesse trasversale tra piccoli e grandi viticoltori e operatori. Oggi abbiamo dieci sedi in Italia, aperte a tutti. In pratica sono un centro di formazione permanente in cui vengono coinvolti docenti e esperti locali, proprio per creare un radicamento territoriale. Il corso si svolge in quattro giornate e costa 280 € dei quali metà servono per le spese del corso, l’altra metà viene lasciata all’ente, istituto scolastico o università con il quale si condivide il progetto della scuola. Si tratta di un contributo per ricerca, borse di studio etc. E’ in dirittura d’arrivo la convenzione con l’Università della Tuscia (Umbria-Lazio)”
A parte le numerose aziende che hanno condiviso la tecnica Simonit-Sirch, che riscontro c’è da parte degli altri vignaioli e tecnici?
“L’interesse dei vignaioli è fortissimo. In un anno 280.000 persone hanno visionato il nostro video di presentazione su You Tube, in soli diciotto mesi. Il fatto di avere partner scientifici tedeschi e spagnoli suscita curiosità. C’è bisogno di approfondire il tema a livello scolastico e poi professionale.”
In Friuli Venezia Giulia, le aziende Gravner, Schiopetto e Venica, sono state le prime che hanno dato fiducia a Simonit quando era agli albori della sua attività. Ci sono voluti venti anni di sperimentazione, applicazione e trasferimento della tecnica e solo nel 2005 si è registrata una netta crescita. Molti vignaioli sono ancora scettici, in Friuli Venezia Giulia i nostri corsi sono sempre pieni ma solo il 10% dei partecipanti arriva dalla regione, il resto da fuori… E’ stata stipulata una convenzione con la facoltà di Agraria di Udine, purtroppo è stata chiusa la Facoltà di Enologia che aveva sede a Cormons, cuore del Collio e della Viticoltura. Comunque le convenzioni e gli accrediti scientifici, anche con la Svizzera, parlano chiaro. Di contro vi sono aziende molto sensibili.
Una splendida iniziativa è quella del Premio Next in Wine, in cosa consiste?
“E’ un premio istituito lo scorso anno, dedicato ai nuovi Talenti della Vigna Italia. E’ stato istituito in collaborazione con associazioni di settore e aperto a giovani che non superino i trentacinque anni di età. Una giuria europea ha il compito di individuare giovani che con cultura hanno organizzato iniziative e progetti nel proprio territorio, nel rispetto della tradizione ma con innovazione, per creare esempi sui quali riflettere e da lì confrontare le varie situazioni per dare esempio, far pensare qualcosa a qualcuno…L’inizio di un percorso, insomma. A novembre si svolgerà la seconda edizione del concorso, a livello nazionale, con l’intento di creare una rete tra i giovani viticoltori i quali, con mentalità e operatività vadano verso il futuro, con ricerca applicata e ragionata, contro le tendenze imposte”. http://www.nextinwine.it/
Per concludere come vede Marco Simonit il futuro della viticoltura?
“E’ importante creare un momento di riflessione, si registra una forte disgregazione che alla fine penalizza tutti. E’ necessario trovare il modo di unire perché il mondo sta andando ad alta velocità. Bisogna creare momenti propositivi e di collaborazione tra aziende e istituzioni. Io ho ancora speranza. Riconoscimenti importanti dimostrano la validità del mio cammino, non demordo ma non forzo. Non amo le omologazioni che hanno portato a risultati poco confortanti. Credo nello spirito di gruppo”… A conferma di questo convincimento c’è la divertente ma significativa gag messa in atto nella serata degli Oscar del Vino-edizione 2012. Marco Simonit e il suo gruppo sono saliti sul palco con una maschera (il volto era quello di Simonit), uguale. Uno per tutti – tutti per uno!
E’ un ottimo principio applicato nel mondo del lavoro, io mi auguro che davvero, tecnici, operatori e appassionati approfondiscano sempre più le loro conoscenze, anche solo per confrontarsi, così come auspico che i numerosi corsi per degustatori di vino contemplino anche lezioni sul campo, per potersi rendere conto di come nasce e si forma un grappolo d’uva. Il vino si fa in vigna dicunt…
Ringrazio Marco Simonit per questa illuminante conversazione e Marina Tagliaferri per la gentile collaborazione.
Giuditta Lagonigro